mercoledì 1 giugno 2011

TOFU&BROCCOLI • The Housemaid

The Housemaid (하녀)
Trama: Una famiglia di straricconi coreani assume una giovane badante per i bambini, una piccola e due gemelli che ancora devono nascere. Il marito quatto quatto se ne approfitta e si fa un giretto con la giovine, salvo essere sgamato dalla capo-cameriera, che spiffera tutto alla madre della moglie mandando tutto in vacca. Ma i ricchi non piangono mai.

Già in astinenza da film asiatici su grande schermo sono andata al cinema a vedere questo film coreano, se non altro per offrire il mio supporto (8 euro mi sembra un OTTIMO supporto) alla distribuzione nelle sale italiane di film orientali, e non soltanto di mondezza hollywoodiana che piace a C&BTrattasi di un film del regista Im Sang-soo, lo stesso di cui un milione di anni fa vidi, sempre al cinema, La moglie dell’avvocato, un film che mi pare andò al Festival di Venezia e per questo fu caritatevolmente distribuito in sala.
Di quel film ho reperito online la mia vecchissima recensione, che diceva: "Altro che minimalismo orientale. Non succede niente per la prima ora e mezza, poi per scuotere la storia viene usato il mezzo più becero, tirato via senza interesse. Da lì in poi niente è più credibile né tantomeno interessante. Inutile".
Mi ricordo anche una feroce discussione con il covisionatore di allora, a cui invece era piaciuto moltissimo, ma vabbè, non stavamo parlando d’altro? Infatti. Data la premessa potevo aspettarmi un altro flop (ma è pur vero che all’epoca forse la mia “sensibilità orientale” era meno affinata di oggi) e invece… Invece flop non è stato, ma nemmeno una cosa da spellarsi le mani. 
Sicuramente la messa in scena è quello che colpisce di più, quasi ipnotica. La villa enorme dei ricconi, gli abiti tutti neri, sempre, l’ambiente gelido nonostante il camino sempre acceso, la bellezza quasi finta, da bambola di porcellana, della moglie di lui (l’incantevole Seo Woo)> 
Lo sguardo serio della bambina. Molto di quello che c’è nel film è nella visione, nelle inquadrature spesso perfette, nel fascino emanato dalla perfezione chirurgica del SÌ OK BASTA.
Quindi questo è un punto a favore. A sfavore c’è invece che la storia non cattura più di tanto, perché la protagonista (la badante, per l’appunto) quando rimane invischiata nel rapporto col padrone sfodera un’ingenuità al limite della demenza, che ti fa un po’ passare la voglia di tifare per lei. È un crescendo di dramma, sempre col freno a mano tirato per mantenere la patina di perfezione, finché alla fine si sfiora il grottesco, esagerando ampiamente. Poteva essere un film di donne terribili (la perfida suocera, la badante ingenua, la bambola di porcellana, la capo-cameriera scaltra e codarda) e invece niente. I caratteri non sono delineati bene, i rapporti fra i personaggi nemmeno. L’epilogo però è bellissimo. Un salotto antico all’aperto sulla neve, un quadro con su scritti i cognomi di tutte le attrici più famose della storie, la moglie che canta Happy birthday alla figlia come Marilyn lo cantava a Kennedy. Surrealismo totale.
La umile ipotesi della sottoscritta è che molto si sia perso nella traduzione dei dialoghi, che sicuramente in originale non sono così sciatti e banali ma ben più stranianti e affascinanti. Vogliamo metterci a studiare il coreano per scoprirlo? Direi di no.
Il film è un remake di un capolavoro (a quanto dicono) coreano del 1960, che ovviamente non ho visto. Lo vedrò? Direi di no (anche se un po’ mi incuriosirebbe, magari è mille volte meglio o mille volte peggio, vai a sapere). Diciamo comunque che non aspetterò i prossimi film di Im come la manna dal cielo.
Sono occidentalista, perché dovrei vedere questo film assurdo?
Se non altro per supportare con qualche euro la distribuzione in sala di film a mandorla. E per la messa in scena, sì.

1 commento:

  1. no vabbè, GNente. io all'inizio avevo letto "Una famiglia di STRACCIONI... "
    e quindi per un bel po' non riuscivo proprio a capire di che stessi parlando! :°D

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