martedì 14 maggio 2013

IMUrtacci

La casa
Trama: Toglieremo l'IMUrtacci dalla prima casa

Ho visto La casa in sala. E ho avuto paura. Ma non del film.
Non era facile riuscire a fare il remake de La casa, per due motivi diversissimi, a livello temporale lontani e dalle radici diverse, ma entrambi ostacoli enormi.
Il primo era ovviamente l'alone di santa diabolica venerazione con cui i fan dell'originale di Raimi, questo:
coprono il film. La casa 1 è stato un film dal piccolissimo budget che, lanciato in sordina, ha saputo creare un intero genere. Prova tu a farlo.
Il secondo, molto più contemporaneo, è l'uscita poco meno di un anno fa di The cabin in the woods, (meta)horror che ha saputo destrutturare con perfetta intelligenza il genere, inaugurato appunto da La Casa, degli horror con "ragazzi nella casa uno dopo l'altro muoiono tutti, o quasi". A voi lo schemino:
Ero in sala. E in me è comparsa una sensazione di diffusa inquietudine. Ma non dovuta dal film.
Eppure questo remake è il migliore della sua generazione (diciamo anche di quella precedente, ok diciamo che dal 2000 in poi, questo è il migliore).
Ci sono stati i Non aprite quella porta, i Venerdì 13, i Nightmare, gli Halloween, i Bloody Valentine, i Natale rosso sangue, le Maschere di Cera... insomma hanno ricominciato il giro degli horror, e nessuno, neanche uno, è riuscito dove invece La casa riesce. Cioè fare un buon horror, a prescindere dal modello originale.
Mentre il film andava, cresceva in me questo alone di fastidio, di incredulita. Non dovuta al film.
Il remake de La casa mantiene la promessa più importante quando ci si cimenta con un remake: ammodernizza il suo modello, ma lo rispetta. La casa 2013 è "moderno" nell'accezione che diamo oggi al significato di montaggio, di ritmo, di capacità di tenere per tutta la sua durata catturata l'attenzione dello spettatore e allo stesso tempo non tradisce le aspettative degli estimatori dell'originale, mantenendo un certo candore "stupidotto" nell'andamento generale; d'altronde la cosa che più accusiamo, quando vediamo un film horror di 30 anni fa, è proprio una "lentezza" diffusa, dovuta anche all'aver disimparato cos'è la suspense, a favore di colpi di scena e grida in stereofonia (per poi gridare al miracolo quando escono esperimenti tipo The house of the devil).
La paura e l'inquietudine diventavano rabbia quando capivo. Capivo che non era il film a darmi quelle emozioni negative.
Il merito sta nell'aver rispettato le sensazioni originali, non aver voluto strafare con inutili 3D e oggetti lanciati a caso verso lo spettatore o di aver svogliatamente usato il franchise originale per poi tirare i remi in barca dopo due scene e fare un film senza il minimo costrutto. Il film è teso per l'intera durata, non si perde in chiacchiere e anche tutta la filippica possessione/droga alla fine è solo un pretesto (molto meglio de Le streghe di Salem, che usa un po' lo stesso parallelo), inoltre non fa il verso all'originale cercando di riprodurne la povertà di mezzi, anzi qui i mezzi ci sono e si vedono e non è computer grafica. Dà quello che deve dare un horror: divertimento, esagerazione, violenza, sangue. Il primo, certo, riusciva meglio nella sua follia, dapprima faceva molta paura, in fondo era pur sempre una storia di possessioni, e poi frullava tutto in un calderone di divertimento che ne stemperava i toni.
Non potevo credere a quello che vedevo. E pensare che durante il film, mentre ogni tanto sentivo questi risolini sommessi, ho pensato venissero dalla pellicola; magari era un suono "subliminale" messo lì solo per inquietare. Non era così.
Quindi La casa è il remake che valeva la pena di essere fatto. Credo sia la prima volta che dico una cosa del genere. Tanto di cappello, o di calotta cranica. Positiva anche la scelta di "cambiare" il finale. E, ovviamente, al regalo che Bruce Campbell fa ai suoi fan dopo i titoli di coda:
So che ora siete curiosi. Curiosi di sapete cosa mi ha messo davvero paura, durante la visione de La casa. Cosa, se non è stato il film? Il fatto che in sala ci fosse un bambino. Un bambino vero, tre anni, non di più. Sono io un moralizzatore se penso che non sia un caso se nei cartoni animati non ci siano scene di ragazze che si mozzano le braccia putrefatte con il tritacarne? 

Sono un bacchettone io se credo sia giusto che nei film Disney non ci siano alberi che deflorano giovani donne insanguinate allargandogli le gambe con i rami?

Insomma sono io che non ho la mente abbastanza "aperta" se penso che devi essere un pazzo col botto, o perlomeno un idiota, se porti tuo figlio di tre anni a vedere un film dove la scena meno cruenta è una tizia con la faccia scorticata

che accoltella gli occhi di un tipo con una siringa? 

Insomma sono io nonno di me stesso se penso che magari scene così sarebbe meglio risparmiarle ad un ragazzino? 

A meno che non ci si chiami Maso, ovvio. Ditemi voi se ormai ho fatto il mio tempo e se invece va bene anche così... Che ok, un bambino di tre  magari non le processa come uno di 30 certe cosa, e che magari a livello educativo fanno peggio le Winx, ma, sbaglio o si dice che quello che vediamo/viviamo nei primi anni di vita fa di noi quello che saremo da adulti. Non so, magari le famiglie moderne sono diverse e alla fine "va bene tutto", ma a me ha fatto molta paura. 
Più del film, che, senza che adesso ci portate vostro figlio, è davvero un bell'horrror, purulento, ritmato, sanguinolento e rispettoso dell'originale come non se ne vedeva da tanto tempo.
Forse mi riprendo con qualche illustraposter:
Al limite col musical...

2 commenti:

  1. Filmone! Tutto sommato poca paura, non molti colpi (almeno, stranamente, per me, in ultima fila c'era un tizio che verso la fine strillava ad ogni scena), tante risate (Gesù Cobain personaggio comico dell'anno) e litri di sangue. Fichissimo.
    Chi porta un bambino a un film del genere è un idiota, chi vende/strappa il biglietto per un film vm14 a un bambino non sta molto meglio D:

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  2. Sottoscrivo.
    Specie a un'età in cui è praticamente impossibile discernere il reale dalla finzione.
    Quanto al film, sai già come come la penso.

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