martedì 8 gennaio 2013

Ciprì è manesco

È stato il figlio
Trama: Cinico di più

Sono sempre un po' cauto, quando definisco un film itagliano, un bel film italiano. Perché sì, È stato il figlio è effettivamente un bel film italiano, e ce ne sono talmente pochi, dovrei esserne contento no? In fondo la critica spicciola che trovate su C&B verso il cinema dello stivale non è come quella di quegli scettici che smascherano i maghi solo perché sono spinti dall'incoscia voglia di trovarne uno realmente capace di magie?
Però non erano magie vere mai.
Ma allora, non è colpa (o merito) proprio di questo? Lo so, magari mi sto lambiccando il cervello, dovrei solo accettare la realtà - per quanto assurda, grottesca, crudele essa sia - che ho visto un bel film italiano, originale, autoriale, recitato alla perfezione; da quando, esattamente, Toni Servillo è la Sicurezza attoriale del cinema del Bel Paese? So solo che quando fa questo pezzo è geniale, e se avessi visto il film solo otto giorni fa, la frase del 2012 sarebbe stata certemente
«Bisogghia gombrare a' maghina».
Crudele e spietato fino alla ferocia pura, animalesca, inaudita e senza un solo buono che sia uno. Anzi no, uno c'è, la vittima designata, lo vedete lì su quella locandina (anche lei bella e coraggiosa visti gli standard itagliani della scritta rossa su fondo bianco e personaggi scontornati). E i cattivi? I cattivi sono i tipi umani che si muovono in questa specie di teatro degli orrori assurdo e macchiettistico, al tempo stesso umano.. o disumano? Boh, è solo la vita. E il cattivo più cattivo di tutti sta anche lui (o lei?) lì, a guardarti dall'alto, e tu sotto, schiacciato dal peso di tutto quel brutto cinema che ci ostiniamo a produrre.
È stato il figlio è un film da salvare di certo, forse guadagna punti per il solo fatto di essere circondato dallo schifo vanziniano o prot.romantico, ma anche preso puro, pensato in solitaria, è quello che tutti ci dobbiamo augurare.
Ho pensato, guardandolo, all'esordio lo scorso anno di Gipi, che cercava lo stesso tipo di andamento, lo stesso straniato assurdo realismo, e falliva, quasi miseramente.
Ciprì, possiamo dire, crea un nuovo genere cinematografico (il No-Realismo?), che affonda di certo a mani basse nella tradizione italiana (dalla commedia al teatro dell'arte, per i caratteri, gli eccessi, i visi maschere), ma poi "blobba" tutto con la sua esperienza di narratore cinico, come lo era anche in Tv:

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