mercoledì 13 giugno 2012

ANTEPRIMA C&B • IL DITTATORE

Il dittatore
Trama: Il dittatore dello stato libero di NY.

Partiamo dal presupposto che Sacha Baron Cohen è un genio.
Proprio un genio comico come ce ne sono stati pochi, pochissimi. Vi sembrerà una di quelle sparate che servono ad attirare l'attenzione, ma davvero quello che fa Baron Cohen - logicamente con tempi [nel senso di tempi comici e Tempi nel senso di contesto storico] completamente divers - lo ha fatto solo gente come i Fratelli Marx: lo slapstick profondo.
Lo slapstick della buccia di banana che fa sbottare a ridere perché vedere un uomo cadere su una buccia di banana fa ridere sempre, ma poi ti accorgi che la risata è più profonda, perché l'uomo dopo quella caduta potrebbe rimanere paralizzato tutta la vita e non poter più lavorare e i suoi figli non avrebbero di che mangiare e la moglie lo lascerà e lui si suicidirà e tutti saranno tristi per sempre. E tutto per una buccia di banana. E tu hai pure riso.
Ecco, Sacha Baron Cohen fa dei film e crea dei personaggi che fanno ridere perché sono carichi, sono macchiette, sono Borat e sono Brüno, e ora è il Dittatore, sono maschere, e se borat aveva il costumino verde e Brüno, be' tutto il resto (e Groucho Marx i baffoni) ecco che il dittatore ha la sua bella barba

che ne film assumerà un'importanza stratoserica. Machere, appunto, nel vero senso della parole.
Quindi la costruzione della maschera (e della storia... molto semplice a dire il vero, quella cioè del Principe e il povero, in questo caso lui fa sia il principe che il povero... che funzipona sempre, non so se ricordate il Principe Akeem di Zamunda, Johnny Stecchino, o appunto Rufus Firfly) sembra semplice ma non lo è affatto (tipo pensa ai Soliti Idioti, che ne tentano dieci a stagione di maschere e ne beccano due). Ma se l'azzecchi, la maschera, hai vinto. E Sacha Baron Cohen non è ha sbagliata una.
E la maschera, proprio come quelle antiche e archetipiche (tipo Pulcinella, Arlecchino... no?) sono sempre la bocca della verità, destinate a dire le cose importanti, facendo ridere e poi piangere un attimo dopo. Era il caso di Brüno e l'omofobia, di Borat e il razzismo ora c'è il Dittatore e la paura dell'Islam, il Nemico N°1 degli americani. Che poi gli americani... non esistono gli americani. Gli americani quelli veri li hanno ammazzati tutti (gli Indiani), ora ci sono solo i propropropropronipoti di irlandesi, inglesi, francesi, italiani, polacchi e degli schiavi africani. Che bella la cultura americana!
E Sacha Baron Cohen riesce perfettamente a mettere alla berlina il concetto stesso di americanismo, in un discorso a reti unificate nel finale del film davvero illuminante.
Poi certo, il personaggio te lo ricordi perché va agli Oscar e fa una cosa del genere:

O va a Cannes e - complice il culo e la faccia della Cagnalis (che sono un po' la stessa cosa) ormai in preda ai rantoli della disperazione dove vede un riflettore ci si butta fosse anche un faretto di una boa in mezzo al mare - fa questo:

Ma il film - oltre la risata crassa, e ce ne sono, comprese quelle per chi gli piace la caccapipì - arriva a punzecchiare proprio quel brufolo fastidioso sul culone americano. E S.B.C. lo fa sfottendo tutto e tutti, e intendo tutto e tutti: paraplegici e sportivi, minoranze etniche e grandi agglomerati urbani, femministe e maschiliti, politici e dissidenti, americani e tutti gli altri. E prima di tutto, prende in giro se stesso (inglese d'origine, padre ebreo lituano, madre israelita).
Sacha Baron Coehn è un genio e basta; ed è anche un attore formidabile, mica lo dico solo io, lo dice anche Martin Scozzese:

C’mon give me your best smile.
Quindi Il Dittatore fa riderissimo... forse, rispetto ai precedenti film, subisce in peggio (ma di poco) la scelta di non aver fatto tutto a mo' di mockumentary con Baron Cohen alle prese con gente astrusa dalle reazioni ancora più astruse, infatti qui si tratta di fiction pura dall'inizio alla fine, ma nonostante questo il film regala almeno cinque/sei momenti di comicità esilarante, tra cui uno davvero sublime (il viaggio in elicottero).
Pausa musichetta:


Fine pausa musichetta.
Ridere, perché quello che critica Sacha Baron Coehn è tipo una cosa che non ci puoi credere che è vera veramente, sarebbe assurdo che nel 2012 qualcuno potesse solo pensare di andarsene in giro vestito da Micheal Jackson con uno squadrone di donne militarizzate, tipo così:
Poi fai un attimo mente locale e ricordi... ricordi loro...
E piangere.
Il Dittatore ha anche il merito di avere un sacco di comparsate autorevoli, da quel bellissimo uomo di John C. Reilly alla scena con Megan Fox che è davvero metacinematografica (appunto personale: ho visto il film in inglese. Megan Fox, all'invito del Dittatore di rimanere con lui tutta la notte risponde: "No, devo andare dal primo ministro italiano". Nei sottotitoli non c'era. Che devo pensare? Eh? Che. Devo. Pensare? vabbèddai...

 
Ma la comparsata più bella in assoluto si riassume in due parole. Edward e Norton: tre secondi netti capaci di riabilitare dieci anni di film di merda (Norton non fa un buon film dalla 25 ora...).
Bravo S.B.C.. Bravò.

Sacha Baron Cohen | Academy Awards show
Il film è dedicato alla memoria del dittatore coreano Kim Jong-Il. Non possiamo che unirci anche noi al cordoglio e vogliamo ricordarlo così:

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